Serena Dandini, Ferite a morte, Controtempo, 2013, euro 15
Forse prima che come libro, Ferite a morte, è conosciuto per lo spettacolo teatrale che la stessa Dandini ne ha tratto, chiamando sul palco figure diverse di donne, giornaliste, scrittrici, attrici, tutte vestite di nero, ciascuna a dare la propria voce alla storia che in prima persona ogni donna uccisa da un uomo, racconta di sé.
Il libro è appunto la raccolta di alcune di queste storie. Come dice la stessa Dandini : “Ho letto decine di storie vere e ho immaginato un paradiso popolato da queste donne e dalla loro energia vitale. Sono mogli, ex-mogli, sorelle, figlie, fidanzate, ex-fidanzate che non sono state ai patti, che sono uscite dal solco delle regole assegnate dalla società, e che hanno pagato con la vita questa disubbidienza. Così mi sono chiesta: ‘E se le vittime potessero parlare?’…Ferite a morte vuol dare voce a chi da viva ha parlato poco o è stata poco ascoltata, con la speranza di infondere coraggio a chi può ancora fare in tempo a salvarsi.”
Dunque si tratta di storie scritte dalle protagoniste da ‘dopo morte’, una sorta di ‘Spoon River’ al femminile, ogni storia molto breve, molto stringata, ridotta all’essenziale e rivolta al momento conclusivo, quello dell’uccisione. La prima comincia con una frase formidabile: “Avevamo il mostro in casa e non ce ne siamo accorti.” In una delle ultime questa osservazione sconsolata: “Per le nostre leggi una rissa in un bar è molto più grave di ogni violenza dentro le mura di casa. Noi caschiamo in silenzio una dopo l’altra come le foglie i primi giorni d’autunno, poi veniamo spazzate via dal vento e nessuno si ricorda di noi.”
A differenza di parecchi libri usciti ultimamente in Italia sulle violenze alle donne, Ferite a morte, non ha lo sguardo rivolto solo al femminicidio in Italia ma si allarga ad abbracciare uno scenario globale a cui viene dedicata la seconda parte del libro. Qui l’autrice, in collaborazione con Maura Misiti, demografa e ricercatrice del CNR, raccoglie sotto forma di schede informative, la descrizione di pratiche molto diverse tra loro, ma che sono accomunate da una radice comune, l’avere come oggetto della violenza, portata fino alle forme estreme, la donna in quanto donna. Dalle uccisioni e stupri di donne in situazioni di guerra, alle donne bruciate a causa della dote in alcuni stati dell’Asia meridionale, dall’aborto di feti femmine e l’infanticidio delle bambine in Cina, India e Bangladesh alle uccisioni in massa di donne in Messico (pensiamo alla città messicana di Ciudad Juàrez, diventata simbolo del femminicidio oggi): sono solo alcune delle situazioni illustrate nelle schede, che nel linguaggio molto asciutto e diretto dei dati, danno un quadro impressionante della vastità e trasversalità della violenza che gli uomini esercitano sulle donne. Nella parte finale, molto critica verso la sordità e l’incapacità dei governi italiani ad affrontare il problema, sono segnalate invece politiche e misure adottate da altri Stati che rappresentano tentativi certo non riusciti, ma almeno più adeguati di fronte alla gravità della situazione. Molto aggiornato e completo l’insieme di informazioni raccolte sotto i titoli di: Strumenti e Fonti, molto utili sia per chi vuole agire contro violenza e femminicidio, sia per chi vuole studiare in modo approfondito questa realtà.
G.P.